Autodeterminazione riproduttiva

Ho desiderato per me stessa il controllo della mia vita e della mia eventuale capacità riproduttivia fin da piccolissima.
Ricordo bene quando mia cugina, insigne gattara, mi spiegò perché era giusto sterilizzare i gatti e che purtroppo i gattili erano (e sono ancora, purtroppo) pieni di micini già al mondo e che hanno bisogno di una famiglia.
Pensai immediatamente che il medesimo discorso dovesse, forse anche a maggior ragione, valere per i bimbi umani.
Glielo dissi e lei, persona splendida, mi rispose che è un argomento delicato ma dal punto di vista logico avevo ragione.
Lei stessa è ora, tra le altre cose, mamma anche di un figlio adottato.

Così decisi che, se mai, come tutti mi ripetevano, avessi cambiato idea sul fatto di non volere bambini, allora avrei adottato e certamente non messo al mondo un umano in più quando avrei potuto salvare un bambino bisognoso.
Quindi già allora sapevo che non avrei mai utilizzato il mio utero per la riproduzione.
Col passare degli anni è diventato sempre più chiaro che le varie profezie piene di sicumera di genitori, maestre d’asilo e conoscenti vari sull’inevitabilità dell’omologazione erano fuffa, o almeno non avrebbero mai riguardato me.
Per fortuna.

Dunque non ho avuto figli biologici e ho deciso di non di diventare madre adottiva, perché non lo desidero.
Ho però adottato a distanza, perché, pur essendo passati decenni, continuano purtroppo ad esistere bambini bisognosi (e qui si aprirebbe un discorso chilometrico sulla urgente questione della libertà di scelta e di accesso alla contraccezione a livello planetario).

Francamente nel mio caso l’essere childfree (decidere di non avere figli per scelta) è forse il meno.
Sono stata diversa sempre, per natura e per scelta, da che ho memoria.
Sempre e fieramente, davanti ai tentativi di imposizione e di lavaggio del cervello, non solo da parte degli adulti ma, inconcepibilmente, dei coetanei, ansiosi di dover essere “normali” prima ancora di saper leggere.

In quest’ottica il discorso riproduttivo appare uno dei meno urgenti e intrinsecamente più “sicuro”.
Perché per avere figli in modo socialmente approvato bisogna (bisognerebbe) essere adulti ed economicamente indipendenti.
Dunque anche le pressioni in questo senso dovrebbero cominciare seriamente non prima di avere raggiunto una certa età e una certa stabilità economica.
Alle eventuali pressioni precedenti si può rispondere che, appunto, non si è ancora in grado di crescere un figlio.

A quelle successive in realtà non è neppure necessario rispondere perché, se si è adulti ed indipendenti, beh ciao, si può e si deve decidere autonomamente per la propria vita e non si è più ricattabili.
Se, viceversa, si è ancora potenzialmente ricattabili per qualsiasi motivo, allora significa che non si è in grado di tutelare completamente neppure se stessi, quindi tantomeno un figlio.
Senza dimenticare che purtroppo la vita è imprevedibile, quindi ricattabili lo si può anche tornare ad essere.
Dunque la logica suggerisce di tentare di tutelarsi.

A monte, lo stesso discorso vale per la scelta del luogo in cui vivere (lavoro permettendo) e delle eventuali forme di vita con cui coesistere.
Qualsiasi forma di intrusione non è corretta e andrebbe fermamente scoraggiata.

Altra caratteristica del discorso riproduttivo è che si tratta di una funzione biologica.
Dunque la verità è che la situazione è unilateralmente sotto il controllo dei diretti interessati, senza dipendere dal “permesso” di nessuno.
Al netto di qualsiasi rottura di scatole o ingerenza da parte di parenti o conoscenti, ognuno decide per sé di usare o meno contraccezione e anche di avere o meno rapporti.
Se no è stupro.

Gli xy per essere tranquilli devono usare il preservativo. O, ovviamente, scegliere la vasectomia.
Le xx hanno diverse opzioni, per fortuna.
Ma proprio qui sorge il problema.
Per i preservativi basta avere i soldi per comprarseli. Ok, costano, ma i pannolini sono più cari.
Invece per pillola contraccettiva, IUD (spirale anticoncezionale) e soprattutto per la sterilizzazione sia femminile che maschile serve personale medico.
Dunque, necessariamente, la cosa cessa di essere sotto il nostro controllo unilaterale (cosa difficile da accettare).

Intendiamoci, è più che giusto che tali procedure siano sotto controllo medico, sarebbe criminale il contrario.
Nè dovrebbe essere un problema, in una situazione di civiltà e buon senso.
Anzi.
La logica e l’etica vorrebbero che qualsiasi individuo in buona fede approvasse e appoggiasse chiunque decida di vivere la propria sessualità in modo sicuro e consapevole, incoraggiando la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili (da cui protegge il preservativo) e di gravidanze indesiderate.
Invece no.

Le chiacchiere delle comari fanno quasi sorridere, le ingerenze dei parenti sono penose ma arginabili, magari con qualche risposta secca data per tempo.
Ma l’atteggiamento di certi (parecchi) medici, soprattutto ginecologi, è davvero pericoloso e vile, perché sono nella posizione di condizionare le nostre scelte sul nostro corpo e sulla nostra vita.

Non sto neppure parlando di aborto (diritto comunque inalienabile, pena la violazione di diritti fondamentali e l’aumentare degli aborti clandestini).
Sto parlando di diritto alla contraccezione.

L’ingerenza ed il giudizio sulle scelte altrui si chiama paternalismo.
È sempre sbagliato ma in questo caso è davvero intollerabile.

OB1

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